domenica 31 gennaio 2010

IL VILLAGGIO NEOLITICO DI RIPOLI


di Pasquale Rasicci


SORGEVA  NELLA  VALLATA  DEL  VIBRATA
LA "MILANO" DEL PERIODO NEOLITICO

Dall'alto dei ruderi dell'antica fortezza borbonica di Civitella del Tronto, che desta ancor oggi stupore e suggestione, si può ammirare un bellissimo panorama.
Se si osserva bene l'ampia distesa del verde digradante fino all'Adriatico, si può notare, tra il fiume Tronto ed il Salinello, un'ampia valle attraversata da un fiumiciattolo, il Vibrata, che le dà il nome. Numerosi archeologi tra cui Concezio Rosa, il Mosso e in ultimo il prof. Radmilli, hanno trovato in questa valle numerosissimi reperti, risalenti all'età neolitica.
Delle varie "stazioni" la più importante è quella di Ripoli, che costituiva il più attivo centro industriale e commerciale della zona, tanto che si potrebbe chiamarla la "Milano" di allora.

PREISTORIA

Col termine "Preistoria" si suole indicare quel lunghissimo periodo di tempo di cui manca il documento scritto, e la ricostruzione della civiltà è affidata soltanto ad oggetti di pietra, di metallo, di ceramica, alle necropoli e alle tracce di abitati.
La presenza dell'uomo risale a migliaia di anni fa. L'ambiente in cui viveva mutava periodicamente e in modo radicale. Ci furono quattro periodi di freddo intenso: le glaciazioni di Gunz, Mindel, Riss e Wurm. Durante le glaciazioni il livello dei mari si abbassava e si rialzava nei periodi interglaciali. Le alternative climatiche comportarono le migrazioni della fauna e gli spostamenti della flora: nei periodi glaciali l'alce, la renna e il mammut abitarono nei territori più meridionali, il camoscio, lo stambecco e la marmotta scesero nelle valli e nelle pianure.
Questo primo lunghissimo periodo della preistoria solitamente viene indicato con il termine Paleolitico che viene distinto in Inferiore, Medio e Superiore. Seguirono il Mesolitico (10-15 mila anni fa), il Neolitico (4-9 mila anni fa), l'Eneolitico e l'età dei metalli (2-3 mila anni fa).
L'Abruzzo per le sue caratteristiche morfologiche ha potuto ospitare l'uomo dal paleolitico inferiore in poi, in quell'arco di tempo valutabile a un milione di anni. 
Nel Paleolitico, e forse anche nel Mesolitico, l'economia era basata sulla caccia e sulla raccolta e l'uomo sfruttava la natura senza però essere capace di trasformarla in suo favore.
Nel Neolitico l'economia era basata sull'agricoltura, l'allevamento, la pastorizia.
Anche in Abruzzo, sin dal Paleolitico, l'industria litica, fittile e ossea è stata sempre fiorente. Manufatti di vari periodi si possono ammirare nella sezione di preistoria del Museo Nazionale di Chieti.

IL VILLAGGIO

A metà strada tra Corropoli e Alba Adriatica, su un terrazzo fluviale posto sulla sinistra del torrente Vibrata, si trova il Villaggio neolitico di Ripoli, scoperto nel 1867 dal medico condotto di Corropoli Concezio Rosa. Negli anni successivi egli fece eseguire numerosi scavi in vari luoghi e raccolse moltissimi oggetti.
L'11 marzo 1871 il Rosa esplorò per la prima volta la caverna di S. Angelo sulla Montagna dei Fiori. 
L'8 aprile del 1871 scoprì in contrada Belvedere di Controguerra il primo fondo di capanna, quasi intatto, e il primo villaggio neolitico.
Localizzò le officine della lavorazione della pietra levigata e della ceramica nelle contrade Gabbiano, Ravigliano, S. Giuseppe, Castagna, Ferrari, Ripoli, Piane e Mindoli nel comune di Corropoli, Scendella e Garrufo nel comune di S. Omero.
Quello di Ripoli fu il villaggio che risultò più importante. Comprendeva un numero ragguardevole di capanne, in parte scavate nel terreno, alcune semplici e a pianta circolare, altre doppie e perfino multiple. Un fossato, scoperto nel 1962, circondava il Villaggio per la comune difesa dei suoi abitanti, testimoniando quindi, con l'organizzazione collettiva, un notevole impegno sociale.
La vita che si svolgeva tra le capanne era fondata essenzialmente su un'economia agricola, testimoniata da resti animali d'allevamento (maiali, buoi, pecore, capre), da frammenti di macine e da pesi di telaio.
Gli impasti della ceramica sono a volte grossolani, di colore rosso-bruno, includenti anche granuli calcarei, a volte raffinati, di evidenza giallo-chiara (argilla figulina) o nerastra con superfici spesso lucidate (bucchero primitivo) o rossastra.
Sono state riconosciute ben 24 diverse forme vascolari (boccale carenato, vaso a fiasco, olla a breve collo cilindrico, olla a collo cilindrico con orlo riverso, vasetto a corpo sferoidale, vaso troncoconico, tazza emisferica, vaso a tulipano, vasetto a fruttiera, vaso carenato, vasetti globulari, vaso a mestolo, vaso a pipa, colatoio, ecc.).
Belle le decorazioni a cordoni, a file parallele di dischetti applicati, a file di cerchietti impressi, a puntini, a fasci di linee incise, a solcature, a striature, ecc.. Bellissima la ceramica dipinta con motivi geometrici. Prima della recentissima scoperta della ceramica dipinta di Catignano (Pescara), quella di Ripoli era la più antica d'Italia.
Assai grande è la varietà di anse, elemento che riveste una particolare importanza ai fini della classificazione della ceramica. In alcune si è ritenuto di poter osservare una stilizzazione antropomorfa.
Per quanto riguarda l'industria litica troviamo cuspidi di freccia con codolo centrale e laterale, schegge ritoccate, strumento a becco e a troncatura, grattatoi, punteruoli, amigdale, anelloni, teste di mazza, lisciatoi ed anche oggetti di incerta classificazione.
Fiorente l'industria ossea. Sono stati trovati punteruoli, spatole, falcetti, pendaglietti, ecc..
Molti gli strumenti di ossidiana e le conchiglie forate per ornamenti femminili.
I Ripolini importavano la materia prima ed esportavano i prodotti lavorati. Ripoli è stata giudicata il più importante centro neolitico italiano per la lavorazione della pietra e della ceramica, ed ha dato il nome ad una cultura "La Cultura di Ripoli", che è durata oltre un millennio.
Fatta eccezione per gli scavi più antichi che hanno scarsa importanza scientifica per mancanza di riferimenti e relazioni, dal 1960 al 1970, dell'ampio Villaggio sono stati scavati circa 20 fondi di capanna.
E' stato comunque possibile definire l'estensione dell'insediamento e, grazie alla datazione ottenuta col C/14 sui carboni presenti nei fondi delle capanne, si ha la precisa testimonianza dell'attività del Villaggio che era prospero fino a 5.500 anni fa.
La capanna era chiusa con tronchi e frasche, sigillata alla base con creta, il tetto quasi certamente era di frasche e terra. La durata media di una capanna era di circa 30 anni. Vi erano capanne circolari, ovali, a forma di rene, doppie e multiple. Il diametro andava da m. 1,50 a 3-4,50). Venivano scavate nel terreno argilloso ed alcune anche in banchi di ghiaia intercalati all'argilla del terrazzo.

DONNA  COL  CANE

Durante la campagna di scavo del 1914 il Messina scoprì il sepolcreto di Ripoli. In una delle sepolture trovò intatto lo scheletro di una donna rannicchiata e, ai suoi piedi, quello di un cane.
Il tutto fu portato alla Soprintendenza di Ancona cui allora apparteneva l'Abruzzo. La tomba nel 1971 fu riportata a Chieti e, dopo accurati restauri, esposta nella sezione di preistoria di quel museo.
La posizione rannicchiata della donna e la presenza del cane sembra abbiano un valore cultuale: il ritorno dell'uomo nel grembo della madre (terra), e l'uccisione e sepoltura dell'amico più fedele accanto al corpo del padrone.

GLI  SCAVI  E  LE  INIZIATIVE

Con i primi anni del Regno d'Italia vediamo sorgere in Abruzzo una schiera di studiosi che si interessano di archeologia. Ricordiamo Vincenzo Zecca, Alessandro Colaprete, Antonio De Nino, Achille Graziani, Camillo Macchia, Carlo Bianchini e Concezio Rosa. Essi dedicarono molto del loro tempo alla scoperta di stazioni preistoriche, sia all'aperto che dentro le caverne.
Concezio Rosa, come è stato detto, scoprì stazioni del Paleolitico Inferiore, Medio e del Neolitico. A Ripoli portò alla luce circa 300 fondi di capanne e riuscì a collezionare 5.163 oggetti, riferibili all'età della pietra. Ottenne tanti consensi da parte di scienziati. Nel 1873 offrì senza successo tutta la sua collezione alla Provincia di Teramo. L'offerta l'anno successiva fu rivolta al Sindaco di Roma ed al Ministro della Pubblica Istruzione per la somma di L. 40.000. Nessuna risposta confortante giunse al Rosa.
Due anni dopo la sua morte, avvenuta a soli 52 anni, il 30 marzo 1986, il Ministro della P.I. incaricò il prof. Pigorini di recarsi a Tortoreto, dove nel frattempo la famiglia si era trasferita, per ritirare la collezione da destinare al Museo Preistorico del Collegio Romano, oggi Museo Pigorini. Agli eredi fu consegnata la somma di L. 9.000, mentre le ricerche erano costate al Rosa oltre 20 mila lire.
Nel 1910 gli scavi furono eseguiti da Angelo Mosso, ma non esiste una relazione dei lavori per l'improvvisa scomparsa dello studioso. I materiali rinvenuti furono sistemati nella raccolta preistorica del Museo di Ancona, dopo il 1930, da Ugo Rellini.
Innocenzo dall'Osso, allora Soprintendente alle antichità delle Marche e degli Abruzzi, nel novembre 1913 e nel gennaio 1914 incaricò l'assistente Messina di riprendere gli scavi di Ripoli.
Dopo un lungo intervallo, nel 1960 furono ripresi gli scavi a Ripoli per opera del Comitato per le Ricerche Preistoriche in Abruzzo, presieduto dal Soprintendente Valerio Cianfarani e diretto da Antonio Mario Radmilli dell'Università di Pisa. Agli scavi parteciparono Renata Grifoni, Giuliano Cremonesi e molti altri.
Alla prima campagna di scavi del 1960, seguì la seconda nel 1961. La terza del settembre 1962 portò all'importante scoperta del fossato; la quarta a luglio e agosto del 1963; la quinta a luglio del 1964 e l'ultima a luglio del 1970.
Alla riuscita delle campagne di scavi diede un altissimo contributo il medico Emilio Tonelli. Furono eseguiti scavi altamente scientifici su 20 fondi di capanne.



Su iniziativa dell'allora presidente dell'Amministrazione Provinciale Giuseppe Lupini, con delibera consiliare n. 275 dell'8 ottobre 1973, con una spesa di L. 6 milioni e 640 mila lire, dalla proprietaria Anna Flajani in Cantarelli furono acquistati 20.800 metri quadrati di quell'area archeologica (in catasto foglio 21, particelle 37 e 39). Ciononostante dal 1970 non vi sono state più campagne di scavi.

1971 - RESTAURATA  LA  TOMBA  DELLA  DONNA  COL  CANE

Grande soddisfazione destò nel teramano la notizia dell'avvenuto restauro del famoso "uomo col cane" di Ripoli di Corropoli, oggi "donna col cane". Fu stabilito che non fosse un uomo, ma una donna in seguito all'esame del bacino.
Il prof. Cianfarani volle riservare questa graditissima sorpresa prima della stagione estiva e dobbiamo essergli veramente grati.
Dal 1971 questo preziosissimo reperto ha fatto bella mostra di sé nel Museo Nazionale di Antichità di Chieti, e precisamente nella sezione di preistoria e Protostoria, che fu inaugurata il 27 giugno 1971 in occasione del 1° convegno di studi sulle Antichità dell'Italia Adriatica.
Nel 1914 il Messina scoprì il famoso sepolcreto in una striscia di terra nera, lunga 80 metri e larga circa 8.
Il Rellini e il Cremonesi ci informano che 11 furono le fosse esplorate tutte del periodo neolitico, e fu proprio nella n. 2 che fu rinvenuto lo scheletro di un cane posto presso la tibia di uno scheletro umano, oggi attribuito ad una donna di razza mediterranea con alcune variazioni che rivelano una certa affinità con i danubiani.
L'unico corredo della sepoltura era un vaso di ceramica grezza.
Gli scheletri furono diligentemente restaurati dai bravissimi Riccardo Tulipani e Gino Ramundi, sotto la capace direzione tecnica e scientifica del barone Leopardi, e il tutto protetto da una cassa di vetro. La tomba fu esposta nella citata sezione di Preistoria e Protostoria del Museo Nazionale di Chieti, dove numerosi erano gli oggetti di Ripoli, esposti insieme al ricchissimo materiale preistorico dell'Abruzzo.
Oggi la tomba della donna col cane è conservata nei magazzini della Soprintendenza di Chieti.

1971 -  1°  CONGRESSO  DI  PREISTORIA  VIBRATIANA

Nel 1971 si aprirono a Corropoli i lavori del 1° congressso di Preistoria Vibratiana in cui fu rievocata la figura dell'illustre studioso Concezio Rosa che dal 1867 al 1876 scoprì in Val Vibrata grotte e villaggi del periodo neolitico. Le celebrazioni del centenario di Ripoli avvennero quell'anno perché proprio nel 1871 si scoprirono il primo fondo di capanna in contrada Belvedere di Controguerra e il villaggio di Ripoli, e si ebbe la comunicazione ufficiale di queste scoperte al congresso internazionale di Antropologia Preistorica di Bologna da parte di Concezio Rosa.
Il ricco materiale archeologico riportato alla luce dal Rosa e successivamente da altri è andato ad arricchire molti musei italiani e stranieri.
Nel periodo di transizione tra l'età paleolitica e l'età neolitica Ripoli era il centro industriale più importante della penisola, tanto da meritarsi l'appellativo di "Prima capitale d'Italia":
Con l'appoggio morale della moglie Oliva Franchi ed anche con la collaborazione dei signori Ricci, Flajani, Pardi, Trolj, Irelli, Di Girolamo, Ferrante e Ruggieri, in pochi anni il Rosa riuscì a raccogliere migliaia di oggetti litici ed in ceramica e a localizzare le varie officine di lavorazione.
Il Rosa avrebbe continuato l'esplorazione se nel 1875, nel giro di una settimana, la morte non avesse colpito tre dei suoi figli (Luigi "Gino", Salvatore e Roberto ed gli stesso l'anno successivo.
Il dott. cav. Concezio Rosa era ispettore degli scavi di antichità nella provincia di Teramo, socio ordinario della società italiana di Antropologia e di Etnologia, socio corrispondente dell'Istituto Prussiano di corrispondenza archeologica, socio onorario dell'assemblea di storia patria di Palermo, ecc..
Questo grande maestro lasciava a Corropoli, a Castelli, a Teramo e in tutto il mondo della cultura e della scienza una larga eredità di affetti.
Il Cherubini scrisse che "a vederlo, quest'uomo, nulla mostrava di appariscente eppure sotto quell'aspetto di esteriore freddezza e, direi quasi, di abbandono, si nascondevano uno spirito pronto ed un animo capace di saldi propositi".
La famiglia Rosa intanto lasciava Corropoli per trasferirsi a Tortoreto, in una casa dove in passato sono stati ritrovati pubblicazioni, manoscritti, calchi di amigdale, punte di frecce ed altro prezioso materiale che fortunatamente era rimasto in una vecchia cassapanca conservata in un fondaco.

CENNI  BIOGRAFICI  SU  CONCEZIO  ROSA

Corropoli con una bella cerimonia ha commemorato uno dei suoi figli prediletti, Concezio Rosa, del quale pubblichiamo cenni biografici.
Concezio Rosa nacque a Castelli il 10 aprile 1824 dal medico Giantommaso e da Carolina Celli. Dopo aver trascorso la sua prima infanzia a Teramo, seguì gli studi secondari a Penne e a Chieti e quelli universitari della facoltà di medicina a Napoli. Ottenuta la laurea, seguendo le orme del padre, esercitò la professione di medico per 13 anni nel paese natìo. Nel 1859 fu nominato medico condotto di Corropoli. Qui, spinto da una viva passione verso la conoscenza e lo studio dell'antichità, seppe alternare la sua attività di medico con quello di cultore della paleontologia. Dedicò tutta la vita per portare alla luce i resti di un'epoca sconosciuta.
Fu il primo ad individuare i villaggi preistorici. Migliaia e migliaia di oggetti, tutti riferibili all'età paleolitica e neolitica, con pazienti ricerche furono da lui raccolti e collezionati.













I primi abitatori storici della nostra terra divennero poco alla volta agricoltori, abbandonarono le caverne poste alle pendici degli Appennini e si trasferirono alla foce dell'ubertosa vallata del Vibrata che, per la sua felice posizione geografica, era particolarmente adatta alla loro difesa e sopravvivenza. Qui vissero in villaggi costituiti da capanne circolari seminterrate. Poi impararono a lavorare e a levigare la pietra e, successivamente, a modellare la creta.
La ricerca archeologica del Rosa non va dissociata dall'indagine speleologica in quanto, proprio nelle caverne e nelle grotte, prime dimore degli uomini primitivi, furono rinvenuti frammenti di oggetti dell'età della pietra. Si tratta, in massima parte, di armi e strumenti di pietra dura, levigati e ben eseguiti come: frecce, lance, coltelli, raschiatoi, accette, scalpelli, cunei, martelli e oggetti di ornamento.
Durante il suo lungo e faticoso lavoro Concezio Rosa ebbe unanimi consensi da parte di illustri scienziati e archeologi di allora quali Giustiniano Nicolucci e Giovanni Capellini, ma poche parole di incoraggiamento da parte di uomini politici come Quintino Sella.
Non mancarono al Rosa notevoli difficoltà di natura economica a causa delle forti spese per portare a termine il suo programma.

1971  -  RICORDATO  IN  ABRUZZO  IL  MEDICO-ARCHEOLOGO

Organizzate dall'Archivio di Stato di Teramo, dal Consorzio Aprutino per la conservazione del Patrimonio Storico ed Artistico, dal Comune di Corropoli, in collaborazione con la Soprintendenza Archivistica per l'Abruzzo e il Molise si conclusero con un bilancio nettamente positivo le manifestazioni celebrative del primo centenario della scoperta della capanna Belvedere a Controguerra da parte di Concezio Rosa, paletnologo abruzzese di fama internazionale.
Le manifestazioni ebbero inizio presso l'Archivio di Stato di Teramo dove, dopo la conferenza di Antonio Mario Radmilli su Concezio Rosa e la paletnologia, fu inaugurata una mostra documentaria, magistralmente allestita dagli architetti Umberto Ruggeri e Renata Madalini, dalla dott.ssa Serafina Bueti della Soprintendenza Archivistica e dal dott. Gerardo Miroballo, direttore dell'Archivio di Stato di Teramo.
Un importante ruolo nell'organizzazione delle manifestazioni lo ebbe il soprintendente archivistico dott Fiorilli che riuscì a reperire, anche tra i privati, molti degli interessanti documenti esposti, nonché il prof. Gino Fulgenzi, segretario del Consorzio Aprutino, che fu un po' l'anima di tutta l'organizzazione.
La mostra documentaria, che restò aperta fino al 12 luglio, ebbe carattere cronologico e permise di conoscere il Rosa come uomo, come medico e come studioso.
Il giorno successivo il Convegno si spostò a Corropoli, luogo dove il Rosa esercitò la sua professione di medico e dove scoprì il villaggio neolitico di Ripoli, affermandosi come paletnologo. Fu qui che il Rosa trovò tanta documentazione preziosa per quella scienza che da circa vent'anni aveva cominciato a muovere i primi passi, ed a cui molti non ancora credevano.
Inoltre esplorò molte grotte e caverne della Montagna dei Fiori (Caverna di Salomone e Grotta S. Angelo), rinvenendo anche qui una gran quantità di prodotti dell'industria preistorica, come accette di pietra, punteruoli, coltelli, utensili di vario genere ed ornamenti. Tra l'altro localizzò le officine di lavorazione nelle contrade Gabbiano, Ravigliano, San Giuseppe, Castagna, Ripoli, Piane e Mindoli, nel Comune di Corropoli e Scendella e Garrufo nel Comune di Sant'Omero.
A Corropoli, sulla facciata della casa abitata dal Rosa, fu scoperta una lapide con la seguente scritta dettata da Pasquale Rasicci:


Sempre a Corropoli, dopo una introduzione del vicesindaco Primo Rosati, il prof. Radmilli tenne una interessantissima conferenza su La cultura di Ripoli
La cerimonia corropolese si concluse con una visita agli scavi.

I convegnisti si portarono a Castelli, paese natale del Rosa e, qui, sempre il prof. Radmilli completò la serie di conversazioni.
A Castelli fu scoperta la seguente lapide:

In questa casa
nacque il 10 aprile 1824
CONCEZIO  ROSA
Medico umanista paletnologo
rinvenne per primo in Italia
i caratteri di una cultura preistorica
Illustrò l'arte ceramica castellana
e ne tentò con sapienza la rinascita
Donò al mondo la luce del suo intelletto
ed al paese natio il suo grande cuore di figlio

Castelli 26 settembre 1971

Da Concezio Rosa e Oliva Franchi nacquero 6 figli: Ermanno, Checchino, Gino, Salvatore, Roberto e Concezio.
Dal 4 al 12 maggio 1875 morirono Gino, Salvatore e Roberto.

Nel 1909 i figli Ermanno e Concezio inviarono al cav. Vincenzo Balzano tutto il materiale bibliografico e documentario del padre, in loro possesso, pregandolo di realizzare un volume dal titolo Concezio Rosa - Studi di Preistoria e Storia. Il libro fu realizzato nel 1909 la prima edizione e nel 1914 la seconda (475 pagine + copertina) dall'editore Giovanni Fabbri di Teramo.

1981  -  TRA  GLI  SCAVI  DI  UN  ACQUEDOTTO
RINVENUTA  A  RIPOLI  UNA  SEPOLTURA  NEOLITICA


Durante i lavori per l'impianto privato di un acquedotto per l'irrigazione dei campi, nel villaggio neolitico di Ripoli di Corropoli, nel 1981 venne alla luce una ricca sepoltura, purtroppo tagliata a metà dalla ruspa.
Questa si trova nei pressi della nota necropoli, dove nel 1914 fu rinvenuta la famosa tomba della donna col cane, attualmente al Museo Nazionale di Chieti. Si tratta certamente di una sepoltura e non di un fondo di capanna, perché la massa di terreno antropico di circa m. 2,50 di diametro è profonda oltre un metro.
Osservando le pareti della trincea scavata dalla ruspa, nella parete riguardante la sepoltura era possibile vedere reperti litici, fittili ed ossa umane. Tra la terra asportata furono trovati tanti frammenti di ceramica dipinta che, come abbiamo ricordato, sembra che sia la più antica ceramica dipinta trovata in Italia, dopo quella di Catignano.
La sepoltura, che resta leggermente più ad ovest del terreno acquistato dalla provincia per la zona archeologica, è a circa 80 metri dalla S.P. 259 per Ascoli.
La trincea fu immediatamente ricoperta e il terreno oggi viene regolarmente coltivato.

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